La mia foto
"Noi non ci realizziamo mai. Siamo due abissi: un pozzo che fissa il cielo"

16 maggio 2009

Giverny....il gioiello di Claude Monet

Ero molto piccola quando lo visitai....ma ogni volta che vedo dei fiori, un po’ come l’effetto delle Madeleine in Proust, riappare alla mia mente l’immagine di quel tripudio della natura amata dall’uomo che rappresenta il giardino della villa di Giverny. Claude Monet vi passò quasi metà della sua vita, fu la sua specie di giardino segreto, un tempio della natura che riuscì a costruire in un angolo ai confini di quella terra da sogno che è la Normandia. Una casa dagli intonaci rosa e dalle persiane verdi immersa in un rigoglioso giardino alla francese dove i colori, che si mescolano senza definizione, sono stati fatalmente catturati da quei magici pennelli. Niente di propriamente intellettuale aveva in mente il pittore, solo intrappolare impressioni. Mi ha sempre molto affascianato questo aspetto della pittura impressionista en-plain-air: niente elaborazione intellettiva, solo l’occhio che vede, il cuore che ascolta. Accanto al giardino francese Monet ne costruì un altro acquatico, stile giapponese, con uno stagno, circondato da felci, salici che piangono sull’acqua (che da piccola mi piacevano un sacco perchè pensavo potessero parlare come quello di Pocahontas:-) ), rododendri, azalee, bamboo, e punteggiato da diverse specie di ninfee. E quel ponte verde di legno coperto di glicini, in realtà copiato da una stampa giapponese...il baluginare dell’acqua riflessa da nuvole vaganti nel cielo. Un occhio che si perde nell’infinità di un’immagine. Monet sembra proprio voler mettere a confronto la perfezione della natura con la mera imitazione dell’arte. In queste settimane è stata dedicata una mostra proprio a quel ”tempo delle ninfee”, in cui Monet si dedicò a ritrarre l’affascinante bellezza di questi schivi fiori acquatici. Una mostra allestita nelle sale nobili di Palazzo Reale a Milano, grazie ai quadri concessi dal Museo Marmottan di Parigi. Questo, come l’Orangerie, sono quei musei che solitamente si trascurano nei “viaggi alla mordi e fuggi”....invece, se si ha l’occasione di recarsi a Parigi, sono entrambi, a mio avviso, dei piccoli imperdibili gioielli dell’arte: i quadri esposti ti catturano per ore, ti immergono nella vera atmosfera parigina di fine ‘800. Tele grandi quanto le pareti di una stanza...sembra di sentire il suono dell’acqua dove galleggiano le ninfee, si è pervasi da quella sensazione di pace che dà il contatto con la natura. Il tempo si ferma per un attimo, come racchiuso nell’infinitesima durata di un’impressione istantanea, che toglie il senso di qualsiasi contatto con la realtà. Esiste poi in fondo questo profondo abisso tra l’occhio e la tela?

2 commenti:

  1. Il frutto di un'impressione è un'immagine sfocata che ci rimane impressa molto spesso è contornata da pochi dettagli. La potenza della pittura impressionista sta nel riprodurre con una sensibilità che prescinde la rielaborazione personale. Sono dei capolavori della natura vista dall'occhio umano senza infilarci opinioni personali. Stupendamente stupende **

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  2. Anche io ho sempre amato l'arte impressionista e Monet in particolar modo, per la scelta dei soggetti naturali. A parer mio questa tecnica pittorica è quella che più di ogni altra può trasmette la meraviglia della natura.
    Bellissima anche la poesia di Verlain.

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